Allora, mi han regalato uno di sti cappellini. E’ simpatico, è cilindrico, è colorato: mi garba. Ma da tutti quelli a cui ho chiesto se sapevan come si chiamava è uscito fuori che è un cappellino da preghiera musulmano (mboh) ed anche che sapevano cosa era una Keffiya, anche se si’, lo so anche io, grazie no, non risolve, ma grazie comunque. Mbeh? Mboh?
taqiyah – طاقية |
Google non veniva in aiuto. Con una serie di ricerche attente ho scoperto che molti anglofoni lo chiamano, di nuovo, prayer cap. Ma ai musulmani non è imposto un cappello durante le funzioni, cribbio. Non sempre, non ovunque, non da tutte le confessioni. C’è l’abitudine di coprirsi il capo, certo. Ma è pura igiene in posti dove il sole picchia. E non si limita a picchiare. Sta a pure ad aspettare che ti svegli, poi di dà un calcio al mento piazzato e ti ruba portafoglio, orologio e motorino. Fuggendo ti passa sopra ad una tibia con le ruote. A volte, mentre si allontana, ti fa pure il dito. Sole bastardo.
Da dove viene quest’idea balzana del cappello esclusivamente da preghiera? Ebraismo, suppongo. Nei templi ebrei meglio non entrare senza il capo coperto. S’abbisogna quantomeno di una kippah, caspita. Però confondere musulmani ed ebrei, è quantomeno non consigliabile di sti giorni: come confondere un gatto per un cane. Ed allo stesso modo si finisce. O morsi, o graffiati.
Ma la ricerca prosegue. Si passa da wikipedia, si zuzzurella per google immagini, ci si rende conto che la kefiah come la scrivi come non la scrivi (la trascrizione è incerta, varia ed eventuale; le origini affondano fondamentalmente nella scimmiottatura di Yasser Arafat) continua ad uscire ad ogni dove; e quando credi di esserci arrivato, quando un articolo di enciclopedia promette di introdurti ai misteri della cultura islamica, ti viene rivelato che il tipico copricapo musulmano doc è in realtà… il turbante. Eh no, caspita. Non va, non ci siamo. Ci mancan solo il fez, o perchè no, il cappello frigio… ed infatti eccoli spuntare puntualmente: scoraggiante.
Ma aspetta, la Frigia è una regione turca, come ci è finito quel cappello sulla testa dei rivoluzionari francesi? I rivoluzionari francesi erano dei gran scimmiottatori dell’America rivoluzionaria. Gli Stati Uniti d’America è opinione diffusa siano una nazione fondata sui massoni, i massoni erano e sono fissati con un numero di riti quantomeno curiosi, il cappello di grande puffo era parte del culto di un’antica dea Iraniana, Mitra. E fu accolto dai rivoluzionari francesi come simbolo della propria rivoluzione.
Ero stanco, scoraggiato, stavo per abbandonare la ricerca. Ma è quando credi di averle viste quasi tutte che da dietro, con prepotenza, ti becchi una sonora… skufia! Pure il capitolo cristiano d’oriente doveva intromettersi. La skufia è il tipico cappello cilindrico dei suoi sacerdoti.
Basta, s’avea da farla finita. Un’ultima srotolata di google images e bast… eccolo.
Un negozio di accessori per, beh, non saprei per cosa… per “desertici,” direi. E vende questi cappellini. Lo chiama taqiyah.
La taqiyah nasce come… una base. La base su cui costruire i turbanti, la base su cui poggiare guthra (i veli rossi e bianchi, la keffiyah dovrebbe essere solo quella bianca e nera) e gli iqual. (i cordoni ferma velo, perchè in Arabia dopo che il sole ti ha fatto il servizietto arriva sempre il vento a darti una ripassata) Negli anni si è poi affermata l’abitudine in diversi posti ad indossare solo quella. Non ci sono dettami religiosi che sanciscono che debba esser bianca (infatti la mia è tutta colorata) e in effetti non ha niente a che fare con nessuna religione, al massimo con dei popoli.
Cappello da preghiera? Stafava!
Lo ammetto, lo ho anchio…
Blu e dorato…
Ma quello nella foto non sei te è il Chiarellino!!!
Quello nella foto è un qualche modello egiziano del sito. Non avevo voglia di farmi una foto col coso in testa. Peraltro il mio è molto più colorato ed uzbeko.
grande puffo ROTFLONONE!