Qualche giorno fa aprire una pagina dedicata al primo videogioco che acquistai mi ha fatto fare una semplice constatazione: sono 30 anni che programmo.
Nel 1987 ricevetti in dono un Commodore 64 (usato) con il quale, forse ancor prima di far girare qualche nastro o qualche disco, inizia a scrivere codice Basic. Non avendo alcuna conoscenza dell’informatica, si copiavano pagine e pagine di codice per vedere qualche agglomerato di pixel muoversi su schermo. E non c’erano debugger, non c’era undo e non c’era il copia e incolla. Se sbagliavi dovevi riscrivere tutto da capo.
Oggi abbiamo Visual Studio 2017 che ti genera gli unit test live…
Il primo videogioco che acquistai fu Quedex, un puzzle game finlandese. Era diviso in livelli/sezioni. Ed era un casino.
Oggi abbiamo For Honor, Final Fantasy XV e Goat Simulator
Abbiamo anche qualche novità più o meno utile:
- i droni che puliscono i tralicci in Cina con piccoli lanciafiamme
- i vibratori che si collegano al cellulare via bluetooth
- gli smartwatch
Ma negli ultimi tempi si sono diffuse molte cose, soprattutto virtuali e/o immateriali, che non capisco o che, come Bill Murray in Lost in translation, mi lasciano sempre più spaesato: ad esempio Snapchat, i divi del Tubo (ovvero gli youtuber), i cantanti stonati e i messaggi vocali sul cellulare.
Forse è questa la vecchiaia che avanza? Vado a scaldarmi il brodo…